Lago dell'Orso

Il lago che non c'è.
Piacevole ciaspolata verso il Pizzo di Moscio. Superate facilmente le faggete sopra Ceppo e raggiunta la dorsale sopra il bosco della Martese, località Lago dell'Orso, i panorami si allargano e diventano superbi, dai Sibillini al Gran Sasso, di fronte la piramide bianca del Pizzo di Moscio e la lunga linea della costa delle Troie fino al Gorzano.


L’idea era quella di riuscire a raggiungere il Pizzo di Moscio ma sentivamo di non avere gamba e anche le motivazioni che erano dentro di noi non erano sufficienti, volevamo principalmente ritornare in montagna e stare negli ampi spazi che questa sa dare e volutamente non abbiamo infilato i ramponi nello zaino, se le sole ciaspole fossero stati sufficienti e le gambe ci avessero assistito avremmo tentato la vetta, diversamente sarebbe stata una giornata da far scorrere senza fretta per godere degli orizzonti belli attorno. Partenza da Ceppo, lo raggiungiamo percorrendo tutta valle Castellana da Ascoli Piceno, una sbornia di curve, di paesini minuscoli e sconosciuti, in ombra quasi perenne in questa stagione; fin tanto non si esce su una dorsale nei pressi di Paranesi, baciata dal sole e con un orizzonte verso Sud che viene chiuso dal profilo del Gran Sasso; dopo boschi bui e valli strette una uguale all’altra così tanta luce e profili vastissimi e familiari danno senso alla giornata. Ancora una manciata di chilometri e tornanti e siamo a Ceppo, come sempre località frequentata e siamo già in buona compagnia. Si parcheggia nello spiazzo, la strada per il campeggio è innevata e sbarrata, in ombra è ancora ghiacciata; mezzo chilometro dopo si sfiora il campeggio da cui si biforcano due strade sterrate, nel mezzo, molto evidente si fa strada nel bosco il sentiero n°300, anche sentiero Italia, che imbocchiamo con le ciaspole già ai piedi. In leggera salita all’interno di una sterrata ampia e carica di neve, c’è già una bella traccia battuta, poche centinaia di metri e una stretta (vistosa e obbligata) svolta a sinistra fa un po’ inerpicare; alla successiva non lontana svolta a destra la pendenza si attenua di nuovo, si esce dal cono d’ombra del bosco e dopo un ampio curvone si entra nella magia di un sole tenue che attraversando gli alti fusti dei faggi regala calore e colori caldi; tra gli alberi si aprono orizzonti larghi e spiccano le familiari linee del Gran Sasso. Per poco meno di un chilometro circa si continua in leggera salita, fino ad arrivare ad una grossa apertura del bosco sul lato destro (+1,10 ore), si apre un ampio piano inclinato innevato e privo di vegetazione, tante le tracce di chi ci ha preceduto i giorni scorsi, aumenta la pendenza ma fa niente, le seguiamo dal momento che sono le uniche battute; ampie e frequenti svolte ci fanno alzare sopra il bosco e si apre un incredibile vista sulla lunga linea della dorsale del Gran Sasso che sembra vicinissima, raggiunta la dorsale si aprono ampi orizzonti verso Nord fino ai Sibillini e verso Est sul prominente Pizzo di Moscio, bianchissima piramide che si eleva ad un paio di chilometri. La località è quella “della casetta”, forse a causa del diroccato rifugio/stazzo che li sorge, nelle vicinanze un recinto protegge quella che sembra una coltivazione autorizzata di Genziana, siamo ormai nelle vicinanze del Lago dell’Orso, toponimo stranissimo dal momento che in questa zona non sorgono laghi. Ci sono circa una ventina di centimetri di neve a terra, soffice se si esce dalle tracce, le linee degli sci dei giorni scorsi disegnano geometrie precise e interrompono le immacolate distese. Il tempo per bere un po’ di tè caldo e ripartiamo verso non sappiamo bene dove dal momento che il Moscio con le sole ciaspole che abbiamo ci sembra meta improbabile; poco oltre lo stazzo le tracce diventano strade battute dalle motoslitte che imperversano su questo versante. Strana regione è l’Abruzzo, ambiziosa e integerrima verso la sicurezza in montagna e verso le proibizioni di alcune zone appenniniche; per la sicurezza è la prima che ha obbligato l’uso dell’Artva e dei mezzi di primo soccorso (e sono iniziati anche i controlli), le chiusure per rischio valanghe sono indiscriminate e senza senso, peggio (o meglio a seconda di come la si pensi) è l’atteggiamento verso le proibizioni di alcune aree nel parco d’Abruzzo a tutela degli animali; iniziative che nonostante critichiamo e non capiamo fino in fondo perchè poste in maniera frettolosa e approssimativa sono accettate ma che oggi si scontrano violentemente con la manica larga di chi ha concesso l’uso delle motoslitte. A Ceppo vengono affittate, chiunque può salirci e scorrazzare fino alle pendici del Moscio e solo Dio sa dove viste le tante ampie tracce presenti in zona; evidentemente per gli amministratori locali e abruzzesi le motoslitte non fanno danno, non interrompono la quiete della montagna, gli equilibri della natura, non interferiscono con la fauna; a pensar male si fa peccato ma il più delle volte ci si prende, ed io penso male. Fine della voluta denuncia molto polemica. La zona del Lago dell’Orso è una larga dorsale che delimita a Nord il bosco della Martese e accompagna l’occhio fino ai Sibillini, verso Sud un dedalo di avvallamenti e dorsali accompagnano l’occhio sulla inconfondibile cresta della costa delle Troie e la cima del Gorzano. Quassù oggi è il regno della luce, del bianco e degli orizzonti vastissimi. Seguendo le linee in quota e con piccoli sali e scendi raggiungiamo la bella e agevole dorsale della Storna, una lunga linea che si alza gradualmente fino alle pendici del Pizzo di Moscio. E’ una traccia molto frequentata, oggi una processione di escursionisti e soprattutto di sciatori, molti sono già ad attaccare il Moscio. Consci di non poterlo raggiungere procediamo lenti e ci godiamo il panorama, era ormai questione di decidere dove ritornare sui nostri passi e lo facciamo intorno quota 2100m. (+2 ore), dopo una sosta piacevole e dopo essersi ripromessi di doverci tornare. Il rientro è quasi tutto in discesa ed ovviamente per la stessa via, non abbiamo fretta ma inevitabilmente si è più veloci; troviamo un sacco di folla allo stazzo manco fossimo al Cervino e lontano sentiamo rumoreggiare diverse motoslitte, tanto bello il posto quanto ormai improponibile per chi interpreta la montagna alla vecchia maniera. Nella strada di rientro, ormai nelle vicinanze di Ceppo, tocca farsi da parte in svariati momenti, i “turisti” motorizzati, anzi “motoslittati” non si curano affatto di noi che siamo lenti con le ciaspole ai piedi. Il piazzale di Ceppo (+2 ore) è una bolgia di auto parcheggiate, di chiasso, di gente e di sgassate di motoslitte che attendono i prossimi equipaggi e nel frattempo inquinano e riempiono l’aria di malsane puzze acri. Io sono nuovo di questi posti, è la seconda volta che vengo a Ceppo e la prima nemmeno la ricordo, credo che in inverno debba essere confinato e nelle altre stagioni da provare; la presenza di un grosso campeggio non mi fa ben sperare ma prima di metterci una croce dovrò tornarci. Che dire, sulla Laga pochi sono i “posti” comodi da cui partire per le vette più alte, Ceppo è uno di questi ma se tale è il prezzo da pagare temo che con facilità verrà cancellato dalle nostre carte.